Sicurezza sul lavoro: Coordinatore per la sicurezza espresso dall’Impresa
Il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) e del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE) deve essere nominato dal Committente di un’opera allorquando ricorre la condizione per cui in cantiere è prevista la presenza – anche non contemporanea – di più imprese esecutrici.
In molte gare di appalto, soprattutto private (non rientranti, cioè, nel novero di quelle indette dalla Pubblica Amministrazione) può sovente capitare che l’Impresa aggiudicataria debba non solo esprimere ma anche indicare, al Committente, il nominativo di un Professionista che sarà poi chiamato a ricoprire gli incarichi di CSP e/o CSE. Resta inteso che la notifica preliminare predisposta dal Committente recherà il nominativo del CSP / CSE, così dando atto del fatto che, in definitiva, il Professionista proposto al Committente è stato poi selezionato e accettato dal Committente stesso, cui altrimenti ricadrebbe la culpa in eligendo.
Si tratta di una fattispecie non contemplata dal Legislatore, per la quale, in sostanza, non vi sono violazioni di norme cogenti, prima fra tutte il D.Lgs. 81/2008; l’unica eccezione – espressamente indicata dal testo unico per la sicurezza – è costituita dall’impossibilità, da parte del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) dell’Impresa di ricoprire l’incarico di Coordinatore per la sicurezza.
La difficoltà per il Coordinatore per la sicurezza è costituita dal difficile rapporto che si instaura col Committente – che di fatto lo nomina e a cui dovrebbe garantire”fedeltà” – e l’Impresa appaltatrice, sulla quale dovrebbe esercitare i propri poteri di vigilanza e controllo in maniera autonoma e indipendente, che però – in taluni contratti è così previsto – lo paga in nome e per conto del Committente. Il rischio vero, per il CSE, è di dover svolgere l’incarico con un vincolo – neppure tanto tacito e indiretto – di subordinazione nei confronti dell’Impresa, giacché essa, per contratto – per espressa previsione contrattuale Committente – Impresa – gli corrisponderà gli onorari. Si tratta, con tutta evidenza, di un CONFLITTO DI INTERESSI che il CSP / CSE pu superare solo svolgendo l’incarico con assoluta indipendenza, anche a costo di non vedersi corrisposti i propri legittimi onorari.
In genere queste situazioni ai limiti dell’accettabilità per tutte e tre le parti interessate sarebbero da evitarsi; tuttavia esse discendono da contratti e capitolati e tipologie di gara predisposte da Società o Enti che operano a livello comunitario, che non hanno sempre il giusto riguardo per la legislazione italiana in materia di appalti e sicurezza sul lavoro. Il conflitto di interessi può essere superato solo se il CSP /CSE è messo da ambo le parti (Committente e Impresa) nelle condizioni di esprimersi, vigilare e controllare l’andamento dei lavori con il più totale spirito di indipendenza. Compito arduo e non facile; chi non abbia l’attitudine a farlo è meglio che rinunci da subito all’incarico.
Andrea Alessandro MUNTONI
Sicurezza negli ambienti confinati e ristretti. Rilevatore di gas Tetra Mini
Il multi rilevatore di gas Tetra Mini si può rivelare utile per l’esecuzione di lavori in condizioni di sicurezza in luoghi conduttori ristretti, ambienti confinati e ambienti in cui possono essere presenti gas infiammabili oppure in ambienti caratterizzati da elevate concentrazioni di ossigeno (comburente) o da condizioni anossiche (O2<<21% in volume), così come accade in vasche e serbatoi di impianti fognari o ad uso agricolo e industriale.
I principali gas rilevati sono quelli infiammabili (0 …100% LEL), l’ossigeno (0…25%), il solfuro di idrogeno (0…100 ppm) e il monossido di carbonio (0….500 ppm).
La caratteristica principale di questo strumento è data dalla presenza di 2 allarmi per ogni sensori così da garantire la massima sicurezza per l’operatore che lo utilizza.
In caso di superamento di una soglia , il Tetra Mini emette 3 tipi di allarme: un allarme visivo che consiste nell’attivazione di led luminosi lampeggianti rossi e azzurri; un allarme sonoro a circa 90 dB ed infine un allarme con vibrazione, così da essere certi che l’operatore si accorga del pericolo.
Lo strumento è prodotto in materiale resistente agli urti con grado di protezione IP65 ed è dotato di una clip per poter fissare lo strumento alla cintura, riducendo i disagi e i disturbi all’utilizzatore finale.
Lo strumento è alimentato da una batteria ricaricabile al litio, la sua autonomia è di circa 18 ore.
Lo strumento è dotato di tutte le certificazioni ATEX per l’utilizzo in zone pericolose.
Per maggiori info: http://www.pce-italia.it/html/dati-tecnici-1/rilevatore-di-gas-tetra-mini.htm
La Redazione di Ingegnere Ambientale
Procedure standardizzate per la valutazione dei rischi per aziende fino a 10 dipendenti
È stato pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il Decreto Interministeriale 30 novembre 2012 (avviso tramite comunicato sulla G.U. n. 285 del 06/12/2012) con il quale sono state recepite le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi da parte dei datori di lavoro di aziende che occupano fino a 10 lavoratori (ex art. 29, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.).
Ai sensi dell’art. 6, comma 8, lettera f), del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di elaborare le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all’art. 29, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore. Tali procedure vengono recepite con Decreto dei Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell’interno acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il decreto di cui all’oggetto entrerà in vigore il 60-esimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella G.U., fermi restando i termini di cui al D.L. 12 maggio 2012, n. 57 (convertito con Legge 12 luglio 2012, n 101) e cioè il 01 gennaio 2013.
In particolare, ferma restando l’integrale applicazione dei principi in materia di valutazione dei rischi di cui agli artt. 17, 28 e 29 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., i datori di lavoro di imprese che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 29, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. secondo le disposizioni del documento – previsto all’art. 6, comma 8, lettera f), del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., – concernente le cosiddette “Procedure standardizzate”, approvato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro in data 16/05/2012.
In data 25/10/2012 è stato approvato dalla Conferenza Stato Regioni lo schema attuativo delle procedure standardizzate.
Il documento di cui sopra individua il modello di riferimento per l’effettuazione della valutazione dei rischi da parte dei datori di lavoro (si precisa che si tratta di un obbligo non delegabile) di imprese che occupano fino a 10 lavoratori, al fine di individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione dai rischi ed elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza su lavoro.
Il Documento di Valutazione dei Rischi (altrimenti detto DVR) da redigersi attraverso le procedure standardizzate sostituisce – per le imprese fino ai 10 dipendenti – l’autocertificazione alla valutazione dei rischi aziendali che dal 01 gennaio 2013 perderà qualsiasi validità e il datore di lavoro dovrà, da subito, avere redatto un documento di valutazione dei rischi secondo quanto previsto dall’art. 29, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
Delega di funzioni e sub-delega: poteri e limiti
Delega di funzioni e sub-delega
Il datore di lavoro, nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dall’art. 16 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., può delegare alcune delle proprie funzioni, costituendo in capo al delegato una nuova posizione di garanzia, con correlativo ritrarsi della sfera di competenza del delegante, incidendo solo indirettamente sulla responsabilità del delegato e fermo restando l’obbligo di vigilanza sul suo operato.
L’art. 16 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. ha infatti previsto in modo esplicito l’ammissibilità della delega, definendone in modo preciso i confini e le caratteristiche principali. L’incarico determina il settore nel quale il “delegato” è reso responsabile e i poteri a costui attribuiti, definendone altresì il ruolo.
La delega può avere un contenuto anche molto ampio trovando, come unico limite, la non delegabilità della valutazione dei rischi e della designazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), prevista dall’art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
Il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. richiede determinati requisiti affinché la delega possa ritenersi efficace. In particolare (art. 16 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.):
- forma della delega: essa “deve risultare da atto scritto recante data certa”. La forma scritta è quindi elemento essenziale dell’atto di delega richiesta per darne piena sostanza (ad substantiam);
- idoneità del delegato: “il delegato deve possedere tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate”. Pertanto il possesso, da parte del delegato, di titoli professionali e curriculum vitae coerenti con l’incarico, dovrebbe, in assenza di elementi in contrario, essere sufficiente a giustificare la scelta;
- poteri conferiti al delegato: “tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate”. È quindi necessario che vi sia un conferimento di poteri idoneo a individuare un’autonoma posizione funzionale entro l’impresa;
- potere di spesa: deve essere attribuita al delegato “l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”;
- accettazione: la delega deve essere accettata per iscritto e deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
In ogni caso la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al Datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni a costui trasferite. Tale obbligo si applica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo previsti dai Modelli di Organizzazione e di Gestione aziendale previsti anche dal D.Lgs. 231/2001.
GAS RADIOATTIVO RADON. ATTIVITÀ LAVORATIVE in AREE AD ELEVATA PROBABILITÀ DI ALTA CONCENTRAZIONE
Il Decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 recante “Attuazione delle direttive 89/618/ Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti e 2009/71/Euratom, in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari” è stato pubblicato – per la prima volta – nella Gazzetta Ufficiale 13 giugno 1995, n. 136; esso costituisce il principale riferimento legislativo italiano relativamente alla radioattività naturale e alla presenza, sul territorio nazionale, del gas radioattivo RADON.
Le disposizioni di cui al Capo III bis – Esposizione da attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni del D.Lgs. 230/1995 si applicano (articolo 10 Bis) alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione.
Le attività lavorative a cui si applicano le disposizioni del Capo III bis comprendono:
a) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;
b) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate;
c) attività lavorative implicanti l’uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico;
d) attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;
e) attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal capo IV del D.Lgs. 230/1995;
f) attività lavorative su aerei per quanto riguarda il personale navigante.
Nel presente articolo si intende sottolineare quanto previsto al Capo III bis – Esposizione da attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni del D.Lgs. 230/1995 e s.m.i. e in particolare quanto recato all’articolo 10 sexies relativamente alla <<individuazione delle aree ad elevata probabilità di alte concentrazione di attività di RADON>>. Si precisa, per inciso, che l’articolo 10 sexies del D.Lgs. 230/1995 è stato aggiunto dall’art. 5 del D.Lgs. 26/05/2000, n. 241, con decorrenza dal 01/01/2001; pertanto, essendo trascorsi più di 10 anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento – per quanto attiene, in particolare, all’obbligo di individuazione delle zone che presentano un potenziale rischio per la salute riconducibile alla presenza di RADON – appare ingiustificato ogni ulteriore ritardo nell’attuazione dell’adempimento di cui trattasi da parte delle regioni.
Il decreto in parola, in particolare, prevede che sulla base delle linee guida e dei criteri emanati dalla Commissione di cui all’articolo 10 septies del D.Lgs. 230/2005 e s.m.i., le regioni e le province autonome individuino le zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon, di cui all’articolo 10 ter, comma 2 del D.Lgs. 230/1995.